Cos'è la Psicologia del Paesaggio

Sono molti anni che ci dedichiamo allo studio della narrazione. Abbiamo raccolto molte storie di vita ascoltando persone di età e di culture diverse.
Abbiamo letto storie raccolte e scritte da altri, di paesi molto lontani.
Ciò che ci ha colpito nello studio di queste storie è la presenza costante del paesaggio, che più del soggetto narrante risulta essere il vero protagonista.
Un paesaggio, interno ed esterno, fatto di persone, di cose, di immaginario e di intelligenza sempre presente nel dispiegarsi delle narrazioni. Ed è proprio questo paesaggio a dare significato e senso agli eventi e ai personaggi. Il legame affettivo tra persone è certamente determinante, ma lo è altrettanto quello con gli oggetti significanti del proprio paesaggio: la linea dell'orizzonte, le montagne sullo sfondo, la luce della sera, l'ombra dell'albero amico, il canto delle cicale, il vociare del mercato, il cortile dei giochi, i racconti della veglia. I rapporti tra le persone sembrano essere sempre mediati da un paesaggio interno ed esterno che se non li determina certamente li alimenta e li anima in una continua trasformazione di pensieri e affetti.
Invitare alla riflessione sul tema del paesaggio può forse farci comprendere la complessità delle infinite interazioni della nostra umana esistenza e aiutarci a diminuire la nostra smisurata onnipotenza. Porre l'uomo al centro dell'universo è fuorviante, e sicuramente porta molta infelicità. Accettare limiti e confini rende giustizia alla nostra facoltà di pensiero ed evita pericolose concatenazioni causali che schiacciano sotto sensi di colpa intollerabili la nostra sensibilità. Una certa vaghezza e l'accettazione dell'infinita complessità dell'universo che ci circonda, allontana dal determinismo meccanicistico che toglie la speranza.
Il paesaggio, come il sogno, è personale ma è anche sociale perché ricco di significati condivisi. Attraverso la mediazione del paesaggio è possibile la modulazione degli affetti e il contenimento delle emozioni.(cit. da C. G. Barbisio 1966 "La rappresentazione del paesaggio" Tirrenia Stampatori Torino, 1999).

Place Identity Self Identity

Nello studio del paesaggio due linee di pensiero, scientifica e umanistica, si integrano e si completano a vicenda, la ricerca relativa a fenomeni obiettivi e la ricerca relativaa fenomeni soggettivi.
Per comprendere il significato del paesaggio occorrono contributi e confronti tra discipline e approcci teorici diversi. La scienza della natura ma anche le scienze umane.
Il paesaggio lo troviamo in tutta la letteratura: nei romanzi, nelle favole, nella musica, nella poesia; non solo nei testi di geografia e di scienze della terra.
Il legame tra vicende e paesaggio, tra personaggio e paesaggio è un elemento frequentemente sottolineato dalla narrativa e dalla poesia.
Il paesaggio per essere conosciuto va narrato e rappresentato.
Il paesaggio naturale e culturale rimane indefinito fino a che la coscienza non lo trasforma in parole, immagini, racconti e rappresentazioni. Rappresentazioni che non solo danno visibilità al paesaggio ma significato e senso all'esperienza della vita nel tempo e nello spazio.
"Il termine 'rappresentazione' indica due diversi concetti: una organizzazione interna che raccoglie e integra le immagini mentali e le disposizioni relazionali di sé e degli altri, e dall'altra i contenuti e le caratteristiche cognitivo-affettive di queste immagini che si collocano all'interno dell'esperienza personale" (M. Ammaniti, D.N. Stem, 1991).
Oggi tutte le psicologie si occupano direttamente o indirettamente del paesaggio. La psicoanalisi indaga il mondo onirico e della fantasia, costruendo e ricostruendo scenari e paesaggi. La psicologia sociale, i paradigmi propri della teoria delle rappresentazioni sociali e le teorie connesse all'identità sociale, sono oggetto euristico per lo studio dei legami tra psicologia e paesaggio. In particolare lo studio dei luoghi, places, e le rappresentazioni dell'ambiente convergono con le varie teorie del Sé.(cit. da C. G. Barbisio, introduzione, Laura Lettini e Daniela Maffei,"Place Identity Self Identity" Tirrenia Stampatori, Torino, 1999)

La place-identity viene definita come una sottostruttura della self-identity caratterizzata da cognizioni, memorie, affetti, concernenti i luoghi esperiti. Una costruzione personale attiva, derivante dall'esperienza diretta dell'ambiente fisico nella vita quotidiana, in una mediazione di significati soggettivi e sociali.
Nella concettualizzazione della place-identity si incontrano due dimensioni fondamentali dell'esperienza psicologica dell'individuo: lo spazio, non solo come ambiente, ma come spazio emotivamente significativo dal punto di vista relazionale e il tempo, storia dei luoghi e delle vicende umane che hanno fatto vivere il paesaggio.
Ma è soprattutto la psicologia culturale a sottolineare l'importanza del contesto, studiando il significato delle tradizioni nei luoghi e nei tempi del loro formarsi.
La psicologia cognitiva, con la svolta narrativa, ha dato un impulso notevole allo studio della dimensione storico-culturale e ambientale.
Sono un esempio gli studi cross-cultural dove al centro è posto l'ambiente non solo storico ma anche geografico. Ma più che di ambiente ci pare corretto parlare di paesaggio. Non si tratta solo di individuare il legame con la propria terra, la propria casa, le proprie tradizioni, ma cogliere l'unicità dell'esperienza di essere nel mondo. Un'esperienza tutta interiore cui corrisponde la creazione di un mondo interno e di un mondo esterno che attribuisce significato e senso all'umana esperienza.
Il paesaggio esterno, osservabile, oggettivo e tangibile che appare ai nostri sensi è sempre mediato da un paesaggio interno che ci sfugge, misterioso e nascosto, mutevole e sconosciuto che segna percorsi imprevedibili e contraddittori.
Il nostro interesse di psicologi è volto non solo a un paesaggio geografico e storico, realtà concreta e oggettiva, ma anche a un paesaggio personale, realtà interna, incerta e mutevole, processo continuo di costruzione e decostruzione dell'esperienza di essere nel mondo.
Un paesaggio autobiografico, ricco di presenze, di eventi, in continua trasformazione, che viene pensato e ripensato, letto e riletto, raccontato e rappresentato in una oscillazione continua di amore e timore, desideri e avversioni, piacere e sofferenza, vita e morte. Pensare e raccontare il paesaggio, non solo per accrescere la consapevolezza del mondo e di sé, ma per costruire una realtà senza impoverirla di quella dimensione dell'immaginario e della bellezza che dà senso all'umana esistenza.
Place-identity e self-identity, per la costruzione di un'identità a garanzia di apertura al diverso. Possibilità di dialogo con il diverso, di scambio reciproco, di confronto con l'alterità. L'incertezza, la confusività, la non differenza impediscono il confronto e la crescita. Il medesimo non genera frutti.
Emerge l'importanza della dimensione estetica nello sviluppo della persona e in educazione. Il paesaggio è quella dimensione dove la bellezza può rivelarsi e coinvolgere il cuore e la mente e dove lo psicologo può avere un ruolo nel processo di formazione e di educazione.
Il progetto di ricerca, che concentra i propri sforzi sulle dimensioni del paesaggio, tende a ripristinare un legame perduto con la dimensione della bellezza. Riportiamo le parole di J. Hillman: "Di tutti i peccati della psicologia, il più mortale è la sua indifferenza per la bellezza. Una vita, in fondo, è una cosa bella. Ma leggendo i libri di psicologia, non lo si immaginerebbe mai [...]. La nostalgia della bellezza che alberga nel cuore umano deve ricevere riconoscimento dalla disciplina che considera il cuore umano, il suo campo di studio. La psicologia deve ritrovare la strada verso la bellezza, per non morire [...]. Soltanto la narrazione stessa trasmette il senso della bellezza [...] una teoria sulla vita deve fondarsi sulla bellezza, se vuole spiegare la bellezza che la vita cerca". C.G. B., Torino, aprile 1999.



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